Premessa: un'altra tappa del nostro cammino
Sono trascorsi oltre cinque anni dal congresso di Pesaro. I Ds vi arrivarono all’indomani di una dura sconfitta elettorale ed in una condizione di smarrimento, nonché di incertezza sul proprio futuro. Con la guida di Piero Fassino, e del gruppo dirigente che lo ha accompagnato in questi anni, i Ds hanno prima ricostruito un profilo combattivo ed unitario dell’opposizione al governo Berlusconi, poi le ragioni politiche e programmatiche che hanno portato alla nascita della più larga alleanza di centrosinistra che L’Italia abbia conosciuto, la coalizione de L’Unione che ha promosso l’evento popolare politicamente più innovativo e significativo: le primarie per la scelta di Prodi a candidato premier, alle quali parteciparono oltre 4 milioni di persone. Il 9 e 10 Aprile 2006 L’Unione ha vinto le elezioni politiche, ha battuto Berlusconi ed il centrodestra, e l’Italia, con Prodi, è ora governata dal centrosinistra. La maggioranza parlamentare ha portato alla elezione di Giorgio Napolitano alla Presidenza della
1. Un grande partito riformista, democratico e popolare
Gli uomini e le donne del XIX secolo, raffigurati nel celebre “Quarto stato” di Pellizza da Volpedo – quantomai caro nei cuori di tutti i militanti dei Ds – sono ancora e saranno sempre, il simbolo del popolo della sinistra in cammino verso il futuro e verso il progresso. La sinistra, di oggi, quella del XXI secolo, che dopo oltre cento anni di storia e di conquiste rinnova e rafforza il suo anelito, insopprimibile, per costruire, più libertà, più eguaglianza e più solidarietà. Questa è la missione che le donne e gli uomini dei Ds possono svolgere nella storia dell’Italia e dell’
Per questi motivi l’Italia ha bisogno di un grande partito riformista e democratico, che assolva ad una funzione nazionale. Lo chiedono le impetuose dinamiche globali, che vedono il nostro Paese rischiare la marginalità politica ed economica. Lo chiede l’
2. Nel socialismo europeo per costruire la casa mondiale dei progressisti e democratici
Un grande partito del riformismo italiano deve essere parte della più grande forza politica riformista europea, il Pse. Un partito deve pensarsi in un orizzonte, non solo nazionale, ma mondiale ed europeo e collocarsi in un sistema di relazioni che gli consenta di svolgere un ruolo sulla scena internazionale, perché solo così sarà capace di governare i processi, e modificare la realtà, in coerenza con i propri ideali e gli obiettivi che persegue. E’ l’unica strada possibile per rispondere agli effetti della globalizzazione che ha destabilizzato la dimensione nazionale della politica, portando ad un dominio, pressoché incontrastato, del mercato. Nell’Unione Europea dei 27 paesi si è ormai consolidato il bipolarismo e sempre di più i risultati elettorali – come è accaduto in Italia ed in Germania – vengono decisi da poche migliaia di voti, al termine di una dura contrapposizione tra due schieramenti, che non lascia spazio a forze centriste. Questo dualismo è rappresentato dal Pse e dal Ppe, dai progressisti e dai conservatori. Questi ultimi, in particolare, hanno portato a compimento un processo di riunificazione in un solo contenitore che, tra l’altro, ha consentito loro un forte recupero elettorale dopo anni di predominio socialista. Per raggiungere l’obiettivo dell’
3. Le sfide dell’innovazione: il lavoro stabile e qualificato, la ricerca, l’istruzione per lo sviluppo sostenibile
Una delle missioni storiche del partito nuovo, nel tempo della globalizzazione, sarà quella di affermare un nuovo modello di sviluppo, in cui il lavoro torni centrale rispetto alla finanziarizzazione dell’economia e in cui la sostenibilità dello sviluppo sia, insieme, fattore di responsabilità, in primo luogo verso le generazioni future, e di competitività sullo scenario globale. L’ambiente è un tema che sollecita il socialismo europeo a rinnovarsi ed allargarsi, è una frontiera nuova per l’intero campo delle forze progressiste in ogni parte del mondo. Il Partito Democratico dovrà valorizzare la cultura ed il merito per rendere l’impresa italiana in grado di competere nella società della conoscenza. Un modello in cui ricerca, innovazione e investimento nel sapere siano i fattori fondanti di una nuova economia capace di ridare vitalità della piccola e media impresa, nei settori tradizionali e in quelli emergenti come il terziario avanzato o i servizi alla persona. Un’azione strettamente legata alla necessità di liberalizzare i settori chiusi, rompere con le corporazioni che impediscono al Paese di mettere alla prova energie nuove. Una maggiore libertà capace di valorizzare il merito deve essere affiancata da un nuovo sistema di solidarietà sociale che punti in primo luogo a superare la condizione di precarietà che attraversa il mondo del lavoro affinché il lavoro stabile – che sembra essere diventato un disvalore – sia la forma più utilizzata e la formazione continua divenga lo strumento, più efficace, con il quale tutti i cittadini siano attrezzati ad affrontare un mondo del lavoro in continuo cambiamento. Il rinnovamento dello stato sociale è indispensabile per eliminare gli squilibri di condizione di vita e di reddito che, da troppi anni, si sono costantemente aggravati nella società italiana e che attraversano più generazioni: dai giovani condannati ad una lunga precarietà, alla più grande parte del lavoro dipendente, pubblico e privato, e dei pensionati – tanto ex dipendenti che ex autonomi – che non raggiungono livelli di reddito dignitosi. Ciò consentirà anche di valorizzare al piena la risorsa costituita dalle persone inattive sul mercato del lavoro, ma ancora in condizione di portare un contributo di passione civile e sociale con il proprio volontariato. La riforma del welfare è indispensabile per ampliare e rinnovare la gamma degli ammortizzatori sociali ai nuovi lavori e stili di vita, al cambiamento dei nuclei familiari, anche composti di una sola persona, in un paese con una aspettativa di vita molto alta e che conta oltre il 6 per cento di abitanti immigrati, con alcune realtà, anche toscane, dove il fenomeno migratorio si manifesta con punte molto elevate. Tutto ciò richiede più risorse ed anche per questo il Paese deve essere messo in condizione di produrre maggiore ricchezza, al fine di perseguire l’equità con politiche di redistribuzione. Il partito nuovo dovrà proporsi di rinsaldare e rinnovare il proprio radicamento nel mondo dei lavori. Di tutti i lavori, da quello dipendente a quello autonomo per costruire un nuovo patto per lo sviluppo che rilanci l’industria italiana nel mondo, sostenga la piccola e media impresa, crei valore con la tutela e la promozione dello straordinario patrimonio di cui dispone, da quello artistico e monumentale, alla filiera agrolimentare, alla rete turistica, commerciale e artigianale. Un patto che punti ad ammodernare ed a potenziare tutta la rete infrastrutturale del paese, di tipo materiale ed immateriale, affinché i cittadini possano godere, appieno, dei loro diritti e per la competitività di tutto il sistema paese.
4. Laicità e pluralismo: il patto che unisce tutte le culture e le sensibilità
Il Partito Democratico dovrà essere una forza politica laica, a cui apportano la loro ricchezza individuale e culturale iscritti, militanti ed elettori credenti, di tutti i culti, e non credenti. La laicità democratica, infatti, definisce lo spazio entro il quale tutte le sensibilità culturali e religiose sono ammesse e tutti possono confrontare liberamente e responsabilmente le loro opinioni, affermare le loro identità e promuovere i loro stili di vita. Le novità intervenute nella necessità per la politica di governare il multiculturalismo, in conseguenza del crescente fenomeno migratorio, e le inedite questioni etiche e bioetiche obbligano a riempire di contenuti nuovi anche la dimensione della laicità. A questa nuova riflessione sono tutti chiamati nella ricerca comune di soluzioni condivise. La politica è infatti, oggi più di ieri, obbligata a occuparsi di questioni che attengono alle nuove frontiere della vita, della nascita e della morte con la produzione di regole e norme e senza più potersi avvalere del principio esclusivo della libertà di coscienza. Se ne vede quotidianamente la portata e l’incidenza sull’opinione pubblica rispetto a problemi come il testamento biologico e l’accanimento terapeutico, la ricerca sulle cellule staminali, la fecondazione assistita. La decisione normativa su questi problemi va presa attraverso il dialogo e il confronto tra posizioni etiche e religiose diverse, ispirandosi all’etica della responsabilità e ai principi inderogabili dell’autonomia della politica, dell’eguaglianza, della non discriminazione e delle libertà individuali, contenuti nella nostra Costituzione, e tenendo conto delle nuove tendenze culturali e di costume che si sono radicati anche nel nostro Paese. La Toscana, in questa dimensione, ha prodotto innovazioni, a partire dal riconoscimento delle unioni civili e dalla promozione del diritto di voto agli immigrati, nuovi diritti che rispondono alle esigenze maturate nell’intera società italiana e che al più presto, debbono trovare attuazione nell’ordinamento nazionale. Il Partito Democratico dovrà sostenere la laicità come dimensione della convivenza plurale, come condizione del riconoscimento di cittadinanza alle diverse convinzioni etiche e religiose e alle molteplici appartenenze etniche e culturali. È questa una dimensione aperta della laicità che può assumere anche quel patrimonio storico di diritti e libertà prodotto dalla cultura femminile dell’emancipazione e della differenza di genere. La Toscana, che è terra di pace, di tolleranza e di incontro fra culture, ha da anni aperto la strada a questa nuova dimensione del pluralismo con leggi, come quella sulla non discriminazione, che puntano a dare maggiore concretezza e solidità alla coesione sociale e al principio del rispetto reciproco delle diversità. Nel terzo millennio, sempre di più le spinte del fondamentalismo rischiano di aprire un terribile scontro di civiltà. Ad esse si può far fronte attraverso il dialogo fra le religioni e le diverse culture. La società multiculturale e la globalizzazione possono essere governate soltanto attraverso il consolidamento e la diffusione della cultura della laicità, insieme ad un nucleo fondamentale di diritti individuali irrinunciabili, e potenziando la capacità di integrazione nel mondo occidentale e nei paesi che si affacciano ora alla democrazia. Questo significa salvaguardare l’autonomia della politica e dello stato.
5. Un partito nuovo per la riforma della politica
Serve un grande Partito Democratico come frutto di un’autoriforma della politica, in senso bipolare e per un consolidamento dell’alternanza, che oggi per il paese costituisce un patrimonio irrinunciabile. Dopo che gli italiani hanno respinto, con il referendum, lo strappo costituzionale della destra, occorre rilanciare il confronto sulle riforme istituzionali ed elettorali. Questa esigenza si è fatta forte su tre versanti: la forma di Stato, con i necessari aggiornamenti alla riforma del Titolo V e la realizzazione del federalismo fiscale; il bicameralismo con l’improrogabile necessità di riforma del Senato; il rafforzamento, in un quadro di garanzie e di contrappesi, dei poteri del premier. Tutto ciò sollecita ancora di più una riorganizzazione profonda del sistema politico e istituzionale con un federalismo compiuto, una riforma della politica che la renda trasparente e la avvicini ai cittadini, una democrazia che funzioni, un bipolarismo mite. Per questo il paese ha bisogno di stabilizzare, definitivamente, un sistema che ponga al centro la competizione tra credibili alternative di governo, che consenta a chi vince di governare, potendo contare sull’accumulazione di energia coesiva necessaria ad intervenire in modo incisivo sui tanti nodi che paralizzano l’Italia. Il paese chiede infatti di essere governato, chiede chiarezza e trasparenza sui centri decisionali di natura democratica e tempi più rapidi, tanto per i cittadini che vivono in una società del tempo reale, tanto per il sistema economico che si confronta con un scenario globale, che corre e muta ogni giorno. Anche per questo appare indispensabile superare, al più presto, l’attuale legge elettorale, ricercando una base largamente condivisa in Parlamento, quale sede più autorevole e appropriata per riformare le regole della competizione elettorale. Si potrà così raggiungere un risultato atteso dalla maggioranza degli italiani e che costituisce l’obiettivo dell’iniziativa referendaria, che i Ds stanno seguendo con grande attenzione. I Ds ritengono da tempo che il sistema ottimale per l'Italia sia il collegio uninominale a doppio turno, ma in questa fase occorre una disponibilità aperta e senza pregiudizi per discutere di tutte le possibili soluzioni per costruire un sistema politico che recuperi il necessario radicamento territoriale degli eletti, rafforzi il bipolarismo, la stabilità delle coalizioni e dei governi, garantendo il principio dell’alternanza. Un percorso indispensabile per riconciliare i cittadini con la politica, per riavvicinare gli eletti agli elettori. Serve una partecipazione larga e un forte spirito unitario. Perciò, il Partito Democratico, dovrà fondarsi non dalla fusione fredda tra Ds e La Margherita, ma sull’incontro, sulla valorizzazione e sul rilancio delle forze già organizzate, insieme agli altri soggetti, a quel vasto tessuto civico e associativo che si riconosce ne L’Ulivo, che vorrà concorrere a costruirlo, chiamando all’adesione tanti altri cittadini, a partire da quelli che si sono già espressi nelle elezioni primarie de l’Unione e in altre prove di partecipazione democratica, che hanno visto proprio la Toscana all’avanguardia. Un soggetto protagonista di una nuova democrazia dei partiti, dunque, che non sia strutturato in modi elitari, né plebiscitari, che possa anche avvalersi di nuove e trasparenti regole democratiche, promuovendo esso stesso, nel percorso costituente, una legislazione sui partiti, sulla partecipazione politica e sul finanziamento della politica. Un nuovo soggetto politico che abbia quella vocazione coalizionale, oggi riconosciuta ai Ds, che risponde alla domanda di unità che viene da tutti gli elettori del centrosinistra e faccia da perno ad un’ampia alleanza per il governo, fondata su un patto programmatico, tra le diverse forze del centrosinistra. Un più forte e più grande partito riformista come lievito per tutta l’alleanza.
6. Un partito vero, più forte, moderno e aperto, con più sezioni e tanti gazebo
Il Partito de L’Ulivo deve essere aperto, federale, pluralista. Un grande partito riformista con alla base un patto che unisca il più largo arco di forze possibili, dalla sinistra radicale sino ad una componente più moderata. Un partito con le sezioni, le feste, gli organismi dirigenti e soprattutto una vita democratica fondata sul confronto e sulla sintesi. Un partito vero quindi, popolare, di larga adesione, strutturato nel territorio. Un partito che renda accessibili i luoghi in cui si formano le decisioni e sia dotato di chiari e definiti livelli di direzione politica. Un soggetto che si fondi sul pluralismo politico e riconosca il pluralismo culturale all’interno di una forte connotazione unitaria. In regioni come la Toscana la forma partito è una grande esperienza di socialità e di vita comunitaria che ha contribuito a trasformare la società e a diffondere un senso alto di civismo e di rispetto delle istituzioni. La forma partito moderna che può incontrare una nuova domanda di politica, contrastare il populismo e la deriva antipolitica, ricostruire una visione generale del bene comune ha bisogno di un rapporto stabile con il territorio (a partire dalle sezioni), di una forte presenza tra i cittadini (l’iniziativa politica più diffusa, le feste di partito, il tesseramento, le campagne elettorali) fondata sul valore aggiunto della più accentuata componente umana. Un Partito che, anche per questo, vada oltre le forme rigide e centralizzate conosciute nell’esperienza dei partiti del 900. Un Partito capace di definire le forme per consentire la più larga adesione, gli strumenti della partecipazione politica ispirati alla concezione più aperta e alle esperienze più innovative: dalle primarie per la scelta dei candidati alle cariche elettive all’uso della rete, dalle esperienze di democrazia partecipativa al rapporto pattizio tra partiti, associazioni e movimenti. Un Partito capace di rinnovare il più diffuso senso della militanza, riaffermando, attraverso le regole, il valore dell’adesione al partito e della partecipazione individuale alla definizione delle scelte e dei processi politici. Un Partito di donne e uomini che si richiami al principio di una più equa e paritaria divisione delle responsabilità, istituzionali e di direzione politica, e che si ponga l’obiettivo di superare a tutti i livelli della vita politica ed istituzionale quel gap di genere che segna una delle arretratezze strutturali della democrazia italiana. Un Partito forte della cultura del governo locale che si esprime con il radicamento e la presenza delle amministratrici e degli amministratori, del valore dell’autofinanziamento che si fonda sulla trasparenza e sulla responsabilità di chi ricopre cariche pubbliche pro-tempore per il partito e sulla fiducia che deve conquistare tra iscritti ed elettori, affinché essi stessi ne siano i primi sostenitori. Un Partito federale che tenga conto della nuova configurazione istituzionale ed anche delle differenze regionali, facendole valere come forza di radicamento e moltiplicatore dei consensi; tenendo fermo il principio che, in ogni parte del paese, debba poter esprimersi tutta la forza rappresentativa dell’Ulivo, senza limitazioni verticistiche e burocratiche. Un Partito che si impegna per la formazione ed il rinnovamento delle classi dirigenti ad ogni livello, con rigorosa attenzione al limite dei mandati e della democrazia paritaria per favorire l’accesso alle cariche, pubbliche e di partito, di nuovi soggetti.
7. Una costituente aperta e fondata sulla partecipazione degli iscritti dei Ds e degli elettori de L’Ulivo
Serve una partecipazione larghissima e un forte spirito unitario, poiché tutte le sensibilità presenti nei Ds sono una ricchezza insostituibile per dare la forza più grande al progetto del partito nuovo. E’ importante riconoscere il progetto dell’Ulivo come la continuazione di un’esperienza unitaria più che decennale. Sarebbe sbagliato però ritenere già pronte le soluzioni ai problemi di cultura politica, di motivazione e di organizzazione, che invece vanno affrontati e risolti con un largo coinvolgimento democratico dei militanti e dei cittadini interessati. Il Partito Democratico può nascere solo per un atto di volontà di partiti e movimenti politici e associativi che decidono di costituire, insieme, un nuovo soggetto politico. Per i Ds la decisione appartiene agli iscritti nella sede democratica più autorevole e rappresentativa, quale è il congresso. L’atto di nascita del partito nuovo non avviene all’inizio del processo costituente, ma ne è l’esito finale. Il che significa che i Congressi dei partiti convocati nel 2007 non decideranno alcuno scioglimento, ma saranno chiamati a deliberare di voler essere partecipi del processo costituente del Partito Democratico. I Ds nel loro IV Congresso non solo non si scioglieranno, ma approveranno una piattaforma politica con cui concorrere alla costruzione del Partito Democratico, eleggeranno un segretario e gli organismi dirigenti come previsto dallo statuto. Il percorso costituente – la cui conclusione dovrebbe situarsi alla vigilia delle elezioni europee – sarà scandito da tappe e scelte a cui i partiti concorreranno, decidendo insieme i profili politici e organizzativi necessari. Un modello organizzativo federativo forte, aperto e coeso può essere utile, proprio e nella delicata fase di transizione a sviluppare, ad ogni livello, un progetto unitario che sia fatto di materie di condivisione e decisione comune e di responsabilità chiare per la gestione del percorso costituente che, sia chiaro, avrà l’approdo certo in un partito. La federazione tra partiti esistenti non può rappresentare l’esito finale del percorso unitario da intraprendere perché il rischio è la cristallizzazione identitaria e l’impermeabilità al rinnovamento. I Ds, aprendo il loro percorso congressuale, devono accelerare il loro impegno per promuovere la partecipazione più larga e più ricca anche dall’esterno delle forze organizzate, coinvolgendo, in particolare, chi è impegnato nei sindacati, nelle associazioni di rappresentanza e culturali, nelle tante forme d’impegno volontario che caratterizzano
Stefano Alberti, Osvaldo Angeli, Fabiana Angiolini, Anna Annunziata, Gianni Anselmi, Fabio Balderi,
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